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by Paolo Monaco sj

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Comunione

Lo sguardo del cuore

Catechesi sulla spiritualità di comunione, II

 

 

 

 

 

Parrocchia di
Arangea
(RC)
26.03.2003

 

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La Chiesa è chiamata
ad essere «testimone dell’amore»

 

Che cos’è la comunione?

 

Esercitarsi nell’amore
per essere «testimoni dell’amore»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

la Chiesa è chiamata ad essere «testimone dell’amore»

 

Che cosa ha detto lo Spirito Santo alla Chiesa di oggi attraverso il Papa? Che la Chiesa è chiamata ad essere «testimone dell’amore».

 

Novo millennio ineunte, 42: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Se abbiamo veramente contemplato il volto di Cristo, carissimi Fratelli e Sorelle, la nostra programmazione pastorale non potrà non ispirarsi al «comandamento nuovo» che egli ci ha dato: «Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34). È l'altro grande ambito in cui occorrerà esprimere un deciso impegno programmatico, a livello di Chiesa universale e di Chiese particolari: quello della comunione (koinonìa) che incarna e manifesta l'essenza stessa del mistero della Chiesa».

 

 

Di quale «amore» dobbiamo essere testimoni?

 

Non di un amore «qualsiasi», scelto tra i tanti offerti dalla mentalità del mondo, e neppure di un sentimento «generico» di benevolenza o fraternità.

 

L’amore che siamo chiamati a testimoniare è l’amore con il quale Gesù ci ha amati, vissuto l’uno per l’altro, cioè reciprocamente: io amo te come Gesù ha amato me e te e tu ami me come Gesù ha amato te e me.

 

 

Quali caratteristiche ha l’amore di Gesù?

 

1. L’amore di Gesù è universale. Gesù ha amato tutti…

 

2. L’amore di Gesù è totalitario. Gesù ha dato la vita per tutti considerandoci suoi amici: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,12).

 

Dare la vita: ecco la chiave di lettura di ogni altro amore che lega gli uomini tra loro… Non c’è amore più grande, perché questo «tipo» di amore è il vertice dell’amore a cui tutti gli altri tendono. E nello stesso tempo è un amore che tutti riassume e contiene, come in un vortice unico, un amore di cui tutti gli altri sono riflesso, manifestazione, simbolo, segno… sacramento.

 

3. L’amore di Gesù tende alla reciprocità: «Voi siete miei amici, se farete quello che io vi comando. Non vi chiamo più servi… ma vi ho chiamati amici» (Mt 15,13). Gesù vuole essere mio amico, quindi vuole che io dia la vita per lui come lui l’ha data per me.

 

Però Gesù vuole essere amato anche nel fratello, infatti dice: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli (cioè amici), se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35).

 

 

Perché Gesù ci «comanda» di amare?

 

Perché Gesù fa dell’amore un «comandamento», invece di lasciarci liberi di amare come vogliamo?

 

Se l’amore diventa un comando, sembra che io devo amare «per forza», e questo non mi sembra più amore, ma dovere, e non mi piace.

 

Se guardo in verità il mio cuore devo riconoscere che l’amore che sperimento in me non mi porta sempre e comunque a fare il bene, a cercare il bene dell’altro. A volte sento in me la spinta ad amare me stesso, a cercare il mio interesse, ad essere egoista. E qualche volta assecondo questa spinta e mi ritrovo chiuso in me stesso o addirittura nel peccato.

 

Gesù allora fa dell’amore un «comando», perché io mi renda conto del mio egoismo e, mettendo in pratica quel comando, posso trovare la mia vera felicità.

 

L’amore di cui parla Gesù infatti non è l’eros, cioè la forza vitale che mi spinge a cercare senza limiti la mia realizzazione, che continuamente cerca di rivolgere il mio sguardo verso me stesso, non è un sentimento umano, o un sentimento generico di benevolenza, non è un «prodotto» commerciabile o ri-producibile dall’uomo.

 

L’amore di cui parla Gesù è la carità, Dio in me, la forza vitale, l’Infinito che mi viene incontro e mi ama e con la sua parola, con il suo comando, mi chiama «fuori» dal mio egoismo e offre al «mio amore» (eros e sentimento) la reale possibilità di trovare quella pienezza di felicità che da me stesso cerco continuamente di procurare e non trovo.

 

Gesù, quindi, facendo del suo amore un «comando», mi aiuta a discernere nel mio cuore il vero amore da quello falso. Gesù non vuole impedire o limitare la mia ricerca di felicità, ma vuole aiutarmi a trovarla davvero, dicendomi che la mia felicità non sta nell’egoismo, nell’avere, ma nel dono di me all’altro, cioè nel dare.

 

Per essere quindi «testimoni dell’amore» di Gesù bisogna che il «nostro amore» abbia lo stesso orizzonte di Gesù (amare tutti), la stessa misura (dare la vita) e lo stesso obiettivo (la reciprocità).

 

Per essere «testimoni dell’amore» bisogna che in ogni nostro atto d’amore mettiamo la stessa «intenzione d’amore» di Gesù.

 

È vivendo questo «tipo» di amore che noi diventiamo discepoli di Gesù e incarniamo e manifestiamo il mistero stesso della Chiesa, cioè la comunione.

 

 

 

Che cos’è la comunione?

 

Novo millennio inuente, 42: «La comunione è il frutto e la manifestazione di quell'amore che, sgorgando dal cuore dell'eterno Padre, si riversa in noi attraverso lo Spirito che Gesù ci dona (cfr Rm 5,5), per fare di tutti noi “un cuore solo e un'anima sola” (At 4,32). È realizzando questa comunione di amore che la Chiesa si manifesta come “sacramento”, ossia “segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano” [LG 1]. Le parole del Signore, a questo proposito, sono troppo precise per poterne ridurre la portata. Tante cose, anche nel nuovo secolo, saranno necessarie per il cammino storico della Chiesa; ma se mancherà la carità (agape), tutto sarà inutile. È lo stesso apostolo Paolo a ricordarcelo nell'inno alla carità: se anche parlassimo le lingue degli uomini e degli angeli, e avessimo una fede “da trasportare le montagne”, ma poi mancassimo della carità, tutto sarebbe “nulla” (cfr 1Cor 13,2)».

 

Rom 5,5 «La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato».

 

Gv 17,20-23 «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi IN NOI una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano COME NOI una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me».

 

1Cor 13,2 «E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla».

 

 

La comunione è un dono di Dio

 

La comunione, l'unità è un dono che viene dall’alto, un dono di Dio, una grazia che Gesù ha chiesto al Padre. E, se è una grazia, non la possiamo procurare con i nostri sforzi.

 

È la Trinità che prende l’iniziativa e, partecipandoci il suo stesso Spirito, il suo stesso amore, il suo stesso principio di vita, ci accoglie «in Sé» e unendoci «a Sé» ci fa «come Sé» una cosa sola.

 

Accogliendo questo dono e vivendo il comandamento nuovo tutti noi diventiamo «sacramento di unità», cioè diciamo all’umanità con la nostra esistenza, prima che con le opere, chi essa è: famiglia di Dio.

 

 

Qual è la nostra parte?

 

Se la comunione, l’unità è un dono di Dio, la nostra parte è quella di metterci nelle condizioni di poter ricevere questo dono, questa grazia.

 

Come? Amandoci a vicenda come Gesù ci ha amato.

 

E qui vorrei sottolineare che quel «come» significa: con la misura dell’abbandono. Gesù, infatti, ha amato così e fino a quel punto. Non basta, quindi, amarsi in qualche modo, ad esempio con una buona intesa fra amici, o con benevolenza; occorre quel distacco materiale e spirituale da ambo le parti, necessario per poter «farsi uno» reciprocamente. Così facendo, ci si pone nella miglior disposizione per ottenere la grazia dell’unità.

 

Per vivere questo distacco materiale e spirituale dobbiamo mettere prima di tutto la mutua e continua carità, come dice Pietro nella sua Prima lettera: «Soprattutto conservate tra voi una grande carità, perché la carità copre una moltitudine di peccati» (1Pt 4,8).

 

«Soprattutto» vuol dire che «se mancherà la carità (agape) tutto è inutile», cioè non vale niente, sarebbe nulla: preghiere, messe, rosari, meditazioni, programmi pastorali, incontri di gruppo, catechismo, confessioni, attività di servizio per i poveri… senza la carità non valgono niente, niente, niente.

 

Perché? Perché tutte quelle cose sarebbero soltanto «sacramento di noi stessi», comunicheremmo noi stessi, invece della Trinità in noi.

 

 

 

 

esercitarsi nell’amore
Per essere «testimoni dell’amore
»

 

Occorre cioè intraprendere quel «cammino spirituale» che dilati e coltivi gli spazi di comunione giorno per giorno nella vita quotidiana della Chiesa a tutti i livelli (cfr. NMI 44). Il Papa ci indica «quattro tappe» di questo cammino spirituale, spiegandoci che cosa significa la «spiritualità di comunione».

 

Novo millennio ineunte, 43: «Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto. Spiritualità della comunione significa inoltre capacità di sentire il fratello di fede nell'unità profonda del Corpo mistico, dunque, come “uno che mi appartiene”, per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia. Spiritualità della comunione è pure capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c'è nell'altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio: un “dono per me”, oltre che per il fratello che lo ha direttamente ricevuto.  Spiritualità della comunione è infine saper “fare spazio” al fratello, portando “i pesi gli uni degli altri” (Gal 6,2) e respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie».

 

Prendiamo il primo paragrafo.

 

Spiritualità della comunione significa innanzitutto

- sguardo del cuore

- portato sul mistero della Trinità che abita in noi,

- e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto.

 

 

Sguardo del cuore

 

Ct 4,9 «Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, sposa, tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo, con una perla sola della tua collana!».

 

2Cor 4,18 «Noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d'un momento, quelle invisibili sono eterne».

 

Occhi, cuore, sguardo… Vedere, amare, credere… gioco di sguardi, gioco di cuori, gioco d’amore… questa è la fede: vedere, riconoscere, amare l’Amore invisibile che si fa visibile in Gesù…

 

 

«Inabitazione della Trinità nel singolo»: Dio è in me e nel fratello

 

Gv 14,15-24 «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi. chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui. Gli disse Giuda, non l'Iscariota: Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?. Gli rispose Gesù: Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato».

 

Dio mi ama immensamente… Il mio «piccolo» cuore di uomo è «capace di contenere» Dio, è dimora di Dio, casa di Dio… Dio è qui «come nel suo cielo»… il «cielo» è qui dentro di me, perché dove abita Dio lì è il «cielo»… allora posso raccogliermi in me nel «mio cielo» e trovarvi tutta la Trinità

 

Ma Dio ama immensamente anche il fratello che mi sta accanto… come me anche lui è «capace di contenere Dio»… anche in lui Dio sta «come nel suo cielo»… allora il «cielo» non sta solo qui dentro di me, sta anche «fuori» di me nel fratello che mi sta accanto… allora posso «raccogliermi» anche nel fratello, nel «suo cielo» e trovarvi tutta la Trinità

 

«Felice unione, se l’hai provata… Sì, è bene se aderisci a Dio con tutto te stesso. Ma chi aderisce così perfettamente a Dio? Colui che, dimorando in Dio perché è amato da Dio, amandolo a sua volta attira Dio in sé. Dunque, quando l’uomo e Dio sono da ogni parte uniti l’uno all’altro, poiché il profondo e mutuo amore li fa entrare nell’intimo l’uno dell’altro, Dio è nell’uomo e l’uomo in Dio» (Bernardo di Chiaravalle, Sermo 71 in Cant. 6,10: PL 183, 1126).

 

Ma se la Trinità è presente allo stesso modo in me e nel fratello «come nel suo cielo», non sarà che anche «in mezzo a noi» la Trinità potrà essere presente «come nel suo cielo»? Perché questo accadesse occorrerebbe una «terza» persona nella quale fosse presente la Trinità «come nel suo cielo» e nella quale io e il fratello potremmo raccoglierci? E quale persona può stare «in mezzo» tra me il fratello che mi sta accanto? C’è una tale persona?

 

Sì. È Gesù. Egli infatti ha detto: «Dove due o tre sono uniti nel mio nome (cioè sono pronti a dare la vita l’uno per l’altro fino all’abbandono) io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20).

 

Sì. È così. Se io e il mio fratello ci amiamo «nel nome di Gesù», Gesù sarà presente in mezzo a noi e in Lui tutta la Trinità dimorerà in mezzo a noi… allora io e il fratello potremmo raccoglierci in Gesù e trovare in mezzo a noi tutta la Trinità «come nel suo cielo»…

 

Così i nostri cuori non saranno più due ma «un cuore solo», le nostre anime non saranno più due ma «un’anima sola»… e saranno il cuore e l’anima di Gesù, presente in mezzo a noi «come nel suo cielo» che è il  seno del Padre…

 

Questa è la comunione che manifesta la nostra realtà più profonda, misteriosa, vera, infinita: figli amati da Dio e da Lui resi capaci di amarLo con lo stesso Suo amore… uomini che possono amare Dio e unirsi a Lui con lo stesso amore… uomini fatti «icona della Trinità» sulla terra, Chiesa, Corpo mistico…

 

Ma questa lo vedremo la prossima volta…

 

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